Il terremoto di Messina del 1908

Esattamente 113 anni fa, la notte tra il 28 e il 29 dicembre 1908, avvenne il più grande cataclisma sismico della storia d’Europa per numero di vittime. Verso le 05:20 del mattino un terremoto di magnitudo 7.1 Mw colpì le città di Messina e Reggio Calabria, si calcolarono tra le 75 mila e le 85 mila vittime. A Messina i primi soccorsi furono portati dalle navi attraccate al porto. Una di queste, la “Spica”, fu incaricata di informare il Governo circa la reale condizione del disastro e di chiedere rinforzi urgenti rinforzi. A Roma, infatti, in tarda mattinata circolavano vaghe notizie riguardo alcuni morti per un terremoto a Messina e l’allora Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti aveva liquidato le richieste di aiuto come “l'ennesima fastidiosa lamentela meridionale per il crollo di qualche comignolo!". Il messaggio telegrafico della Spica arrivò a Roma 3-4 ore dopo: «Oggi la nave torpediniera Spica, da Marina di Nicotera, ha trasmesso alle ore 17,25 un telegramma in cui si dice che buona parte della città di Messina è distrutta. Vi sono molti morti e parecchie centinaia di case crollate. È spaventevole dover provvedere allo sgombero delle macerie, poiché i mezzi locali sono insufficienti. Urgono soccorsi, vettovagliamenti, assistenza ai feriti. Ogni aiuto è inadeguato alla gravità del disastro. Il comandante Passino è morto sotto le macerie.» Ciò che è più sconcertante è la misera organizzazione dello Stato italiano dinnanzi ad un tale disastro. Quando i rinforzi italiani arrivarono nel porto di Messina (all’alba del 30) era ormai tardi, la rada di Messina era già stata sgomberata. Il sindaco di Augusta, infatti, subito dopo il terremoto si mise in contatto con una flotta russa ancorata a largo di Augusta. I marinai russi non chiesero il permesso di intervenire nemmeno a Pietroburgo, sede del governo russo: caricarono picconi, viveri, coperte e medicinali offerti dal comune di Augusta e partirono di fretta e furia verso Messina. Poco dopo fu la volta di una flotta inglese. Buona parte delle vittime non fu uccisa unicamente dal terremoto ma anche dalle sue conseguenze: subito dopo il sisma si verificarono numerosi crolli delle strutture già danneggiate, enormi incendi divampati a causa della rottura delle tubature, e un violento maremoto che distrusse tutta la costa messinese. Messina quella notte perse metà dei suoi abitanti, ed è inutile ribadire che se non fossero arrivati gli aiuti stranieri questa città ne avrebbe persi molti, molti di più. Notizie affidabili e non più minimaliste furono pubblicate 2 giorni dopo il disastro: "ORA DI STRAZIO E DI MORTE. Due città d'Italia distrutte. I nostri fratelli uccisi a decine di migliaia a Reggio e Messina". Sebbene questo ritardo abbia causato gravi danni, la notizia del disastro a Messina si diffuse in ogni angolo dell’Italia e ben oltre. Partì una vera e propria gara di solidarietà tra navi straniere (tedesche, greche, francesi, spagnole) e italiane. Da ogni parte e da ogni istituzione italiana furono inviati aiuti per Messina, celebre quello delle Ferrovie di Stato che inviarono Gaetano Quasimodo e suo figlio, il futuro premio Nobel Salvatore Quasimodo. Le autorità italiane furono aspramente criticate sia per il ritardo dei soccorsi sia per la parzialità del controllo dell’ordine pubblico: numerosi i casi di esecuzioni di cittadini che, scambiati per sciacalli, stavano cercando tra le macerie i propri cari o qualcosa da mangiare. Questo e altri disdicevoli eventi accompagnarono il disastro di Messina, come lo scandalo del sindaco di Roma Ernesto Nathan che elargì gli aiuti finanziari di tutto il mondo per i terremotati ai suoi elettori, protetto e supportato da Giovanni Giolitti. Il terremoto di Messina ebbe delle conseguenze che perdurano ancora oggi, come le numerose baracche sorte subito dopo il disastro per accogliere i rifugiati e l’espressione “non capisci una mazza”, espressione messinese sorta proprio in questi giorni bui e riguardante la stupida e ottusa organizzazione degli aiuti da parte del generale Francesco Mazza. Quel giorno il terremoto deturpò radicalmente il volto di Messina, città che di gloria e di bellezza non era seconda a nessun’altra.

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